mercoledì 9 marzo 2011

Un'altra domenica

Un’altra domenica...

Ok. Comincia come al solito, sveglia, caffè, barba, ecc. ecc.

Capitolo uno, il bidone:

Giornata belloccia quindi esco abbastanza presto.
Accendo lo scooter, carico i sacchetti con la spazzatura, casco, guanti e si parte.

Arrivo al bidone dell’immondizia, l’unico nelle vicinanze, piccolo per le case che sono in zona, e di conseguenza pieno...
Pazienza, scendo dalla moto e “caccio” a forza i due sacchetti in mezzo agli altri, poi mi accorgo che in terra c’è né uno, non mio, mollato da qualche educato confinante, lo raccolgo e lo metto sopra gli altri, in equilibrio alquanto instabile, però ci sta.

Dimentico il cellulare, torno a casa per prenderlo, riesco dopo qualche minuto, nel frattempo un camioncino è arrivato per svuotare il cassonetto, che l’atletico autista sta portando verso il meccanismo che lo svuoterà, ma nel muoverlo il famoso sacchetto in bilico è caduto.
Pensate che l’operatore ecologico lo abbia raccolto?
Ingenui... lo ha lasciato a terra...
Da domani, anche se vuoto, la spazzatura la lascio a terra, vediamo chi si stufa prima.

Capitolo due, la nonnina:

Passo davanti al market, sbircio dentro, vedo che c’è poca gente ed allora entro.
In meno di cinque minuti prendo quello che mi serve e vado verso la cassa.

Davanti a me una vecchina che mi ricorda la Maga Magò, o la Margherita Hach, che tanto sono uguali.

Mentre svuota il carrello gli cadono due scatolette di piselli, che mi chino a raccogliere, e glieli passo.
Manco mi guarda, ne mi ringrazia, li mette insieme all’altra roba, si gira, dà una spinta al carrello che si ferma in mezzo agli scaffali, si rigira tranquilla a controllare il cassiere.

Gli faccio notare che il carrello è restato in mezzo, ma senza neppure guardare mi dice:
“se da fastidio qualcuno lo sposterà!”

Mentre la “signora” finisce di riempire le borse della spesa, il cassiere passa allo scanner la mia poca roba, e nel contempo gli chiedo:
“scusa, ma non gli dici niente del carrello?”
Mi risponde:
“cosa mi domandi?, non vedi che è vecchia?”
Rispondo:
“mi domando come abbia fatto ad invecchiare così tanto e non trovare nessuno che la facesse fuori prima!”

La “signora” alza la testa e mi lancia uno sguardo che pare dire “prima o poi crepi anche tu”
La guardo ridendo con uno sguardo che gli risponde “comunque poi, vecchia stronza”.
Mi viene voglia di prendere quei due barattoli di piselli e buttarglieli in mezzo alla strada mentre arriva un pullman.

Capitolo tre, il ciclista:

Mi viene voglia di un altro caffè, e mi dirigo verso il bar.
Parcheggio lo scooter e mi appresto ad attraversare la strada.

Non faccio neppure in tempo a mettere il naso tra due macchine parcheggiate, che un ciclista mi passa quasi sui piedi mentre supera a destra la colonna di auto ferme al semaforo.
Gli grido “ma stai attento”.
Mi grida, girandosi “vaffanculo, coglione”.

Non faccio in tempo a reagire che sento un rumore di ferraglia...
Il ciclista per gridarmi si è girato mentre il passeggero di un’auto in colonna ha aperto la portiera, destra, quindi verso il marciapiede, senza pensare che una volpe a due ruote sorpassasse a palla dalla parte sbagliata.
Gli è praticamente entrato in macchina...

Capitolo quattro, la sigaretta:

Prendo il caffè, con difficoltà, causa le risate che ancora mi sto facendo e mi fan tremare come un leghista davanti ad un vocabolario.
Il barista mi guarda con faccia interrogativa, ma non gli racconto niente, così impara ad essere berlusconiano.
Solo tragedie gli posso raccontare, per rovinargli la giornata, cose divertenti manco morto!

Pago, esco, mi fermo in mezzo ai tavolini per accendermi una sigaretta.
Si avvicina uno che mi chiede una “cicca”.

Gliela porgo, ne tiro fuori una per me, poi comincio a cercare l’accendino.
“Allora, mi fai accendere o no?”
Spompato, probabilmente reduce da qualche “discotecata”, ancora mezzo addormentato, il gentil fanciullo deve anche aver fretta, poveretto.

Ed allora nella mia innata bontà gli tolgo la “cicca” dalle labbra, la butto a terra, la calpesto per bene con una scarpa, e poi, con voce tranquilla come quella di sgarbi mentre “discute” con pietro ricca gli dico:
“vattele a comperare, brutta testa di cazzo!”

Devo averlo svegliato del tutto, perché è corso a comperarle!

Capitolo cinque, le rose:

Faccio per avviarmi verso casa ormai nervosetto, ho già messo il casco ed i guanti, quando mi si para un tizio, il classico tizio, con le rose.
Mi vuole vendere le rose a tutti i costi.

Gli dico che non mi interessano, che le ho già nel giardino, che le vende mio fratello, che mia moglie ha le doglie, che mia figlia è allergica, che il cane se le mangerebbe, che non ho più soldi, che ho fretta, che sta morendo mia suocera, che devo partire per l’afghanistan, che ho il sugo sul fuoco, ma niente, niente.
Insiste, insiste, insiste...

Mi innervosisco del tutto, gli strappo le rose di mano, gli stacco tutti i fiori dagli steli, metto in moto e me ne vado!

Faccio cinquanta metri, poi “pentito” torno indietro, lo trovo sconsolato a guardare quel che resta del mazzo, tiro fuori una banconota da cinque dalla tasca mia e lo infilo nella sua, sulla camicia, lo guardo e gli dico:
“e la prossima volta che mi rompi i coglioni, manco questi ti becchi!”

Torno a casa!
Mi aspetta ancora il pomeriggio, meglio stare a casa...
Meno male che domani è lunedì!